A San Bernardino, a Torino

In questo tempo di Quaresima, noi Inkiostri partecipiamo a un’iniziativa organizzata dalla Parrocchia di S. Bernardino, dei Frati Minori, a Torino. Si tratta di un percorso in quattro serate più una conclusiva, che si tengono nei martedì dal 28 febbraio al 28 marzo compresi, alle ore 21. Nei primi quattro incontri, alcuni nostri sodali creeranno e presenteranno delle meditazioni che, a partire da “oggetti” che si incontrano nelle narrazioni evangeliche della Passione di Cristo, possano aiutarci a entrare più profondamente nel mistero pasquale, anche in dialogo con la letteratura e l’arte che caratterizzano la nostra in modo più evidente. Le serate sono aperte dall’intervento di uno dei frati francescani della parrocchia, che a sua volta individua un elemento del Crocifisso di San Damiano legato alla tematica della serata.

Croficisso di Santa Chiara
Basilica di Santa Chiara, Assisi

Il primo incontro si è tenuto il 28 febbraio: Chiara Bertoglio ha parlato del contrasto fra le “vesti regali” di Cristo e il grembiule (o meglio l’asciugamano) della lavanda dei piedi. La sua meditazione, che potete trovare qui, è stata introdotta da una presentazione in cui fra Francesco Grassi ha spiegato il significato e l’importanza del linteum, il “panno” indossato dal Cristo crocifisso nell’icona di San Damiano.


Il prossimo appuntamento è previsto per martedì 7 marzo, in cui il tema sarà quello del “gallo” che annuncia il rinnegamento di Pietro; a presentarlo saranno Ives Coassolo, Davide Gorga e Giovanni Soppelsa, mentre la fraternità di S. Bernardino sarà rappresentata da Fra Dario Fucilli. Gli appuntamenti successivi si concentreranno sullo sguardo femminile (a cura di Maria Finello ed Erica Gavazzi, il 14 marzo) e sulla lancia del soldato (Daniele Barale, Valentina D’Antona, Chiara Nejrotti e Patrizio Righero), con la partecipazione di Fra Raffaele Casiraghi.

Infine, il 28 marzo, un “concerto-meditazione” animato dalla nostra sezione junior, i “Creativi”: brani musicali fra cui pezzi dallo Stabat Mater di Pergolesi, l’Ave verum di Mozart, brani di Bach, Palestrina e Tallis saranno suonati e cantati da un giovane ensemble, in alternanza a meditazioni tratte dai Vangeli della Passione. Vi aspettiamo numerosi, e nel frattempo ecco qui il video del primo incontro!

Incipit

Ogni tanto tra noi facciamo dei concorsi letterari. Concorsi veri e propri, con un bando, un regolamento (la cui interpretazione di solito è abbastanza flessibile), scadenze, fase di voto, proclamazione dei vincitori: scritto così sembra gran cosa, in realtà è tutto molto familiare e divertito. Delle volte questi concorsi portano a dei risultati più concreti (La Compagnia dell’Oste e I sentieri del Nizhar sono nati così), altre volte si esauriscono nel piacere di avere scritto e letto qualcosa ed esercitato un poco l’artigianato creativo.

Ultimamente ci siamo approcciati ad un preciso genere letterario: quello dell’incipit. Ogni grande romanzo ha un grande incipit (si tratti di tizi che vagano in una selva oscura, capi achei di cattivo umore, languide discussioni francofone in palazzi pietroburghesi, conigli in ritardo che finiscono dentro una tana), ma scrivere un grande romanzo è spesso un grosso impiccio: più pigramente, ci siamo limitati a pensare le prime pagine di una storia, immaginando che quella storia fosse poi esistente.

Se ci seguite su Facebook avrete già visto qualcosa: abbiamo chiesto ai nostri aficionados di leggere (se ne avessero avuto il garbo ed il piacere) i nostri incipit (li trovate anche ora sul nostro sito. Se non li avete letti: correte!), ponendo a tutti una domanda: quale preferireste venisse poi scritto per davvero?

Ci avete dato una risposta! Il prescelto è…

Le lucciole“, di Patrizio Righero!

Lo vedremo mai per intero, un giorno? E chi lo sa, chi lo sa!

Leiji Matsumoto (1938-2023)

Il 13 febbraio 2023 ci ha lasciato Leiji Matsumoto, creatore, tra le altre cose, di Capitan Harlock. Qualche anno fa il nostro Patrizio Righero ha avuto modo di incontrarlo (Matsumoto, non Harlock): riportiamo qui l’articolo che uscì a suo tempo su Vita Diocesana Pinerolese.

Leiji Matsumoto (1938-2023), nel 2019.

«Quando tornavo da scuola, lungo la strada urlavo ad alta voce una parola senza senso “Harrok, Harrok”. Se c’era gente, però, la pronunciavo sottovoce. Di qui è nata l’idea per il nome di Capitan Harlock!»

Leji Matsumoto, indossato il berretto nero con il teschio dei pirati, diventa lui stesso un personaggio fantastico. «Il teschio bianco con le ossa incrociate è il simbolo della morte, ma il mio – ci tiene a precisare – è rosso, perché sono ancora vivo». Vivo e vivace, i suoi 81 anni se li porta bene e non si risparmia alle domande dei giornalisti che lo scorso 14 ottobre lo hanno incontrato nel municipio di Torino. Ad invitarlo in città, per una fitta serie di eventi, l’Associazione cultuale che porta il suo nome. Anche se il suo vero nome è Akira. «Leji è quello d’arte. L’ho scelto perché discendo da una famiglia di samurai e Leji significa “samurai senza fine”».

Nei suoi manga c’è molto della sua vicenda biografica. Così spiega la sua passione per la locomotiva diventata poi l’icona di Galaxy Express 999: «A 18 anni feci un biglietto di sola andata per Tokyo dove iniziai la mia carriera da disegnatore. Il treno era trainato da una vecchia locomotiva. Quel viaggio cambiò per sempre la mia vita». Il suo sogno era diventare ingegnere aerospaziale, ma non poté realizzarlo. «Terminata la seconda guerra mondiale la mia famiglia era molto povera. Mio padre era un militare, uscito sconfitto dalla guerra. Così mi dedicai al disegno grazie al quale potevo guadagnare. Fu mio fratello minore a diventare ingegnere spaziale e lui mi fornì poi fotografie e suggerimenti tecnici utili per i miei disegni e le mie storie».

Anche la Nuova corazzata Yamato nacque da un contatto diretto. «Grazie alle conoscenze di mio padre mi furono mostrati i disegni originali del progetto della Corazzata Yamato, una vera nave da guerra. Di lì presi lo spunto per l’astronave». Ed è sempre grazie al padre che rimase affascinato dall’occidente. «Lui era pilota di aereo e prima dell’inizio della II guerra mondiale venne in Europa per apprendere le tecniche di volo. Portò a casa delle fotografie che mi ispirarono molto. Il mio ideale di donna, quella che ho raffigurato nei miei lavori, è una donna nord europea». E poi le parole che solo un giapponese potrebbe pensare e dire: «Oggi guardo in faccia ciascuno di voi e penso che per anni ho usato i vostri volti e il vostro abbigliamento senza avermi mai chiesto il permesso!»

Nessun argomento lo mette a disagio, neppure la bomba di Hiroshima. «Quell’aereo – ricorda il maestro Matsumoto – è certamente passato sopra casa mia. Non serbo rancore e voglio vedere qualcosa di buono anche in quella catastrofe. Spero che serva da monito per non ripetere mai più un errore del genere».

Circa la dimensione spirituale dei suoi personaggi racconta di aver elaborato una sintesi personale attingendo anche alle filosofie occidentali. «Discendo dai samurai, quindi per me il bushido  è un punto di riferimento, ma ho imparato e ho molta stima dello spirito cavalleresco. Nelle mie opere cerco di rispettare tutte le tradizioni religiose, senza offenderne alcuna. La filosofia e la cultura europea per me sono preziose e l’ho messo in evidenza soprattutto nella rivisitazione fantascientifica della saga dei Nibelunghi».

Progetti per il futuro? «Ho ripetuto più volte all’agenzia spaziale giapponese che sono disponibile ad andare su Marte, sapendo di non fare ritorno. Sono davvero pronto a partire, anche oggi stesso, per questa nuova e affascinante avventura». Che dire? Buon viaggio, maestro!